Studio sul Mal De Debarquement nel mese della sensibilizzazione

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 16 giugno 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il Mal De Debarquement o MdDS (Mal de Debarquement Syndrome) o “male da sbarco”, noto anche come “mal di terra”, è una sindrome caratterizzata dalla percezione soggettiva, sulla terraferma, di essere sottoposti a movimenti di stato del corpo intero, come quando si è su un’imbarcazione che va incontro a rollìo o beccheggio per l’azione delle onde del mare. È generalmente innescata dall’esperienza protratta del movimento passivo di un viaggio in nave o in aereo, ma può essere indotta da altri mezzi di trasporto o manifestarsi in apparente assenza di una sollecitazione da viaggio. A differenza delle sensazioni temporanee di ondeggiamento o vertigine provate dopo un viaggio caratterizzato da intense sollecitazioni degli otoliti dei canali semicircolari accompagnate da percezioni propriocettive o visive, il Mal De Debarquement può durare mesi o anni, soprattutto perché in genere resiste al trattamento con i comuni farmaci anti-vertigine e anti-Ménière.

Il disturbo è probabilmente prodotto dall’attivazione di uno stato funzionale dei sistemi neuronici cerebrali simile alla risposta al movimento passivo, in quanto, a differenza dei comuni disturbi dell’equilibrio che sono accentuati dall’esposizione a movimenti passivi, il Mal De Debarquement è migliorato dal viaggiare in auto, treno o autobus, verosimilmente per effetto di interferenza delle sollecitazioni esterne sui processi che determinano l’endopercezione sintomatica.

Il mese di giugno è dedicato alla sensibilizzazione sull’esistenza e le caratteristiche di questa sindrome, che costituisce una causa di disabilità inapparente. In particolare, oltre a far presente questa entità nosografica ai medici che non l’abbiano conosciuta durante l’iter di formazione accademica, si cerca di sfatare erronei luoghi comuni, quali quelli che la indicano come una “sindrome da crociera” che colpisce esclusivamente le donne. Attualmente, la sindrome MdD è inclusa fra le malattie rare, ma si ritiene che, al crescere della sua conoscenza e della capacità di diagnosi differenziale dalle comuni sindromi vertiginose, il numero delle persone diagnosticate possa aumentare considerevolmente.

Attualmente, quando grazie a centri specializzati si giunge ad una diagnosi, per il paziente comincia un periodo di notevole difficoltà perché la maggior parte dei medici di base non conosce alcun trattamento efficace e non sempre i pazienti accettano il supporto psicologico di uno psicologo che non abbia una formazione medico-scientifica e una competenza neurologica per comprendere quegli aspetti noti della fisiopatologia che influiscono sulle prestazioni della vita quotidiana, rendendo difficile la maggior parte delle attività che richiedono impegno cognitivo e continuità di applicazione.

(Cha Y. H., et al. Comprehensive Clinical Profile of Mal De Debarquement Syndrome. Frontiers in Neurology - Epub ahead of print doi: 10.3389/fneur.2018.00261, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Laureate Institute for Brain Research, Tulsa, OK (USA); School of Community Medicine, University of Tulsa, Tulsa, OK (USA); Department of Internal Medicine, Columbia Medical Center, New York (USA); Department of Neurology, David Geffen School of Medicine, University of California, Los Angeles, CA (USA).

La crescente consapevolezza medica del rischio che la cosiddetta “auto-vertigine” (self-vertigo) spesso precipitata da esperienze protratte di movimento passivo oscillatorio (rocking) possa durare anni, ha indotto alcuni gruppi di ricerca a varare progetti di studio per approfondire la natura del disturbo. In particolare, è noto che una sindrome in tutto identica a quella che si verifica dopo crociere o viaggi in aereo possa manifestarsi senza alcun innesco apparente da movimento passivo; pertanto, è nata una controversia circa la possibilità che in tal caso si sia in presenza di MdDS oppure di un disturbo indipendente. Sicché, sono stati distinti i due casi come sindrome MT (motion triggered) e sindrome non-MT (non-motion triggered), e il gruppo di Cha ha indagato la possibilità che si tratti della stessa malattia. L’utilità di questa distinzione è eminentemente clinica, in quanto un riconoscimento sulla base dei sintomi fra MT e non-MT MdDS potrebbe evitare passi inutili dell’algoritmo diagnostico e consentire un intervento terapeutico più sollecito ed efficace.

Cha e colleghi hanno valutato, mediante un questionario standardizzato e delle interviste di follow-up, 80 pazienti affetti da una persistente MT MdDS e 42 affetti da non-MT MdDS (81% del campione costituito da donne). L’analisi dei risultati ha rivelato che le caratteristiche demografiche e i fattori esacerbanti sono simili nelle forme MT e non-MT, ma vi sono differenze nella durata del disturbo, nell’effetto del movimento sui sintomi e nella risposta alla terapia. Su questa base, gli autori dello studio propongono una caratterizzazione di sottotipi caratterizzati dai sintomi prevalenti, allo scopo di definire terapie sintomatiche specificamente mirate ad ottenere la remissione delle manifestazioni che maggiormente disturbano i pazienti.

Concludendo questa recensione, si vuole ricordare che ricerche su questo disturbo, promosse negli USA dalla NASA, hanno consentito qualche progresso – definito entusiasmante da Polly Moyer, rappresentante di un gruppo di pazienti inglesi affetti dalla sindrome ed autrice di un articolo sulle malattie rare pubblicato dal British Medical Journal – per ciò che concerne la terapia. In particolare, lo studio della NASA ha consentito lo sviluppo di un protocollo di trattamento che utilizza la stimolazione opto-cinetica.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-16 giugno 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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